La congiura di Babington ha una storia complessa, che inizia ancor prima del coinvoglimento dell’eponimo. Nel 1584 un prete cattolico, John Ballard, dopo aver passato vari anni nelle prigioni inglesi, attraversa la Manica; a Parigi conosce alcuni fuoriusciti, fanatici anti-elisabettiani, come Paget e Morgan; va a Roma, poi in Scozia, dovunque stringendo rapporti e sondando la possibilità di una invasione. In particolare, stringe rapporti con due cattolici inglesi, Gilbert Gifford (tenete presente questo nome) e John Savage. I tre raccolgono un gruppo di seguaci e, quando si sentono abbastanza forti, mandano Ballard a Parigi per cominciare a fare sul serio. In particolare, Ballard ebbe un abboccamento con don Bernardino de Mendoza, ambasciatore spagnolo, il quale scrisse immediatamente a re Filippo II per chiedere istruzioni al riguardo. Nel frattempo, Paget scriveva a Maria per informarla del complotto.
Nel maggio 1586 Ballard torna in Inghilterra. Essendo la liberazione della regina prigioniera una questione cruciale e delicata, i congiurati decisero di stabilire innanzitutto un intermediario affidabile per arrivare a Maria. Allo scopo, scelsero un giovanotto chiamato Anthony Babington. Questi godeva già da un po’ della fiducia di Maria, che infatti gli scrisse un biglietto (peraltro abbastanza innocuo) nel luglio 1586, chiedendogli se per caso avesse ricevuto delle lettere dalla Francia e dalla Scozia indirizzate a lei, nel qual caso lo pregava di fargliele avere.
Babington
Il problema era però che, senza che i congiurati lo sapessero, Walsingham era informato in tempo reale delle loro mosse e intenzioni. Infatti, fin dal 1585, uno dei tre congiurati principali, cioè Gifford, era al soldo del ministro inglese. Nel tardo 1585, sbarcato in Inghilterra dalla Francia, Gifford era stato subito arrestato dagli sgherri di Walsingham, che lo tenevano d’occhio da tempo. A quel punto, Walsingham, un po’ minacciandolo un po’ blandendolo, lo indusse a cambiare casacca; e da quel giorno Gifford servì fedelmente il ministro.
Walsingham – nel governo inglese di gran lunga il più ostile alla regina di Scozia, che considerava (non a torto) pericolosa e incline alle congiure – decise quindi di cercare di compromettere Maria, se necessario falsamente, in una congiura contro la Regina d’Inghilterra: in questo modo, sarebbe stato possibile sbarazzarsi legalmente di Maria.
Nel suo nuovo castello a Chartley, dove Maria viveva con la sua piccola corte e sotto la sorveglianza dell’incorruttibile Sir Amyas Poulet, Walsingham e Philippes fecero “suggerire” a Maria un metodo “infallibile” per ricevere e spedire la corrispondenza. Di mezzo c’è un birraio che si offre di portare dentro e fuori dal castello i messaggi segreti di Maria dentro le sue botti; un intermediario li avrebbe inseriti nelle botti dentro un contenitore metallico sigillato, in modo da proteggere i messaggi dalla birra.
Il castello di Chartley, in rovina.
L’intermediario, manco a farlo apposta, è Gifford, che si era proposto a Maria a questo scopo e ne era stato accettato. A questo punto il meccanismo era completo: i messaggi vengono inseriti nella botte e escono dal castello; le botti subito vengono aperte da Poulet che inventaria i messaggi; a questo punto interviene Philippes che apre i messaggi, li copia, e con l’ausilio dei falsari di Walsingham (che sono in grado di riprodurre perfettamente il sigillo di Maria) richiude i messaggi, li reinserisce nel contenitore, e quindi nella botte. A questo punto, il messaggio può ripartire con Gifford. Nel frattempo, Philippes decifra i messaggi di Maria, che finiscono dritti sul tavolo di Walsingham. Al ritorno, il meccanismo è lo stesso.
La trappola insomma è pronta; non rimane che aspettare che Maria ci cada.
Nel luglio, Babington risponde alla lettera di Maria. La lettera è molto dettagliata, esponendo le varie fasi del complotto. Occorreva avere la promessa di una invasione dalle forze straniere, disporre dei porti, organizzare rivolte in punti strategici, liberare Maria e infine uccidere Elisabetta. Ma, dice Babington (e qui immaginiamo come Walsingham si sarà fregato le mani tutto soddisfatto: i suoi nemici si rovinavano da soli), c’è bisogno di una formale autorizzazione di Maria, che conferisca ai congiurati “i poteri necessari perché possiamo condurre a termine questa spedizione”. La lettera comunque suscita abbastanza preoccupazione in Walsingham da indurlo a chiedere a lord Leicester, comandante delle truppe inglesi in Olanda, di tenersi pronto a tornare.
Sir Amyas Poulet
Ma cosa avrebbe risposto Maria Stuarda a Babington?
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