La difesa sostiene l’incostituzionalità della legge.
L’accusa, per bocca di McKenzie, negò: anche un bambino di 16 anni era in grado - affermò - di capire il Butler Act; e se gli avvocati della difesa non lo capivano, era perché erano avvocati “forestieri”, non educati nel Foro del Tennessee. Malone si alzò per protestare: anche se gli avvocati della difesa non erano del Tennessee, erano pur sempre cittadini USA! Il giudice lo tranquillizzò: McKenzie aveva parlato senza malizia. McKenzie aggiunse che siccome la Costituzione del Tennessee vietava l’insegnamento della religione, di ogni particolare religione, nelle scuole, “allora non si può nemmeno insegnare l’evoluzione, o qualsiasi dottrina che confligga con la Bibbia. Questo le mette esattamente alla pari”. Stewart sostenne che la sezione della Costituzione del Tennessee sull’educazione era senza valore prescrittivo. Soprattutto, disse (ribadendo un punto più volte affermato da Bryan nel corso dei suoi recenti discorsi in pubblico) che i cittadini, che pagavano le tasse e finanziavano le scuole pubbliche, avevano tutto il diritto, attraverso i loro rappresentanti in parlamento, di decidere cosa si dovesse insegnare o meno nelle loro scuole: se si voleva insegnare l’evoluzione, si poteva farlo nelle scuole private.
Darrow e il giudice Raulston: davvero poco fotogenici entrambi
La difesa allora ribatté che il Butler Act riconosceva un trattamento preferenziale all’insegnamento della Bibbia. Perché la Bibbia sì e il Corano no? Stewart rispose: perché questo non è un paese heathen (barbaro) e arrivò a chiedere retoricamente a Malone: “Forse che insegnare la Bibbia nelle scuole è una questione religiosa?” – a dimostrazione che il problema non era proprio chiarissimo ai rappresentanti del Tennessee. Malone replicò: E allora uno studente non cristiano? Insegnargli la Bibbia a scuola non sarebbe una violazione dei suoi diritti? Stewart riprese: siccome è certo che uno Stato possa stabilire se nelle scuole pubbliche vada insegnata l’aritmetica sul manuale Tale o sul manuale Talaltro, allora non si vede perché non possa vietare che si insegni una teoria che nega la creazione divina dell’uomo. “La legislatura”, concluse, “è giudice ultimo di quel che si insegna nelle scuole pubbliche”.
A un certo punto McKenzie svenne (brevemente) per il caldo. Raulston aggiornò l’udienza al pomeriggio.
Al rientro in aula, si alzò Darrow. Disse che non c’era dubbio che il popolo potesse stabilire cosa andasse insegnato nelle scuole pubbliche, purché “entro il limite della ragionevolezza”. Ma cosa accadrebbe se il popolo volesse vietare l’insegnamento dell’aritmetica o dell’inglese? Sarebbe lecito? E parliamo poi della Bibbia: che libro è? Un libro di religione e di etica, non certo un libro di scienza. E visto che parliamo di religione: ce ne sono tante di religioni. Un musulmano non ha forse anche lui il diritto di stare qui da noi e professare il suo credo? E un buddista? E un cinese? Potrebbe forse una legge del Tennessee vietarglielo? No che non potrebbe, da quando almeno i padri costituenti hanno inserito la libertà di culto prima nella Costituzione della Virginia e poi nel Bill of Rights (“la spada fiammeggiante che protegge i diritti dell’uomo dall’ignoranza e dal bigottismo”). Gli USA sono una nazione fondata da cristiani, e composta in maggioranza da cristiani, ma non sono (stati costituiti come) una nazione cristiana. Nessuna legge negli USA può stabilire che cosa è “divino”. Inoltre, la Bibbia è piena di contraddizioni. La stessa storia della creazione è raccontata due volte in modi diversi nel Genesi. Chi è che ha il potere di stabilire cosa la Bibbia effettivamente dice su un dato argomento? Darrow fece poi un elogio della tolleranza: “La vostra vita e la mia vita e la vita di ogni cittadino americano dipende, alla fine, dalla tolleranza e sopportazione dei suoi pari. Se gli uomini non sono tolleranti, se gli uomini non sanno rispettre le opinioni degli altri, se non sanno vivere e lasciar vivere, allora la vita di nessuno sarà più sicura”. Infine arrivò a evocare gli orrori dell’Inquisizione (spagnola e romana) e il processo a Galileo prima che Raulston dichiarasse chiusa l’udienza, aggiornandola al giorno appresso.
Il martedì 14 luglio l’udienza si aprì, come i giorni precedenti, con una preghiera recitata da un ministro locale. Stavolta però, a differenza di prima, la difesa protestò: le preghiere erano dannose alla difesa. Stewart fece un’allusione all’”avvocato agnostico della difesa” e al fatto che ci fossero degli “infedeli”. Hays e Malone protestarono. Stewart ribatté: “questo è un paese che ha timor di Dio”, e Malone: “Non più del paese da cui provengo io”. Darrow dal suo canto replicò che non si offendeva di essere chiamato “agnostico”, perché lo era. (E spiegò: agnostico “vuol dire solamente che non pretendo di sapere là dove gli ignoranti sono sicuri”). Quanto a “infedele”, non voleva dire assolutamente nulla, perché ognuno di noi è “infedele” rispetto alle cose che credono gli altri; e nel caso presente, non c’erano due avvocati nel tribunale che avessero la stessa fede. Concluse augurandosi che in nessun caso allusioni alle credenze religiose fossero usate per influenzare il verdetto. Stewart ribatté che stavano solo perdendo tempo in cose irrilevanti, ma Raulston diede ragione a Darrow e ordinò che riferimenti alle credenze dei legali non venissero più fatti.
Raulston alla fine rigettò l’obiezione della difesa sulla preghiera. Quanto alla mozione della difesa sull’incostituzionalità dell’accusa, aveva cominciato a lavorarci ma, a causa del blackout della sera prima, non aveva potuto finire, sicché avrebbe letto la sua decisione nel pomeriggio. L’udienza venne tolta e aggiornata alle 13.
Alla ripresa, si vide subito che Raulston era di pessimo umore. Spiegò subito il motivo: aveva scritto la sua opinion, disse, ma con sua sorpresa aveva visto una anticipazione della stessa, che non aveva menzionato a nessuno, pubblicata sulla stampa! Com’era possibile? Raulston nominò una commissione di giornalisti per individuare la fonte e una rapida consultazione chiarì la vicenda: un giornalista del St. Louis Post Dispatch aveva salutato il giudice incrociandolo per strada, chiedendogli se avrebbe aggiornato la causa al giorno dopo; siccome Raulston aveva risposto di sì, il giornalista aveva dedotto (correttamente) che avrebbe rigettato l’eccezione di costituzionalità, dato che in caso contrario la causa non sarebbe stata rinviata, ma si sarebbe immediatamente conclusa. Tutto qui. Raulston si rasserenò ma comunque disse ai giornalisti che la cosa non si sarebbe dovuta più ripetere, altrimenti li avrebbe condannati per oltraggio (contempt of court). Poi Raulston passò alla questione della preghiera. La difesa depositò una petizione (firmata da un rabbino, due pastori Unitariani e un Congregazionalista) con cui si chiedeva a Raulston di assegnare la preghiera anche a rappresentanti di altre fedi, anziché solo a un pastore fondamentalista come aveva fatto finora. Raulston se la cavò dicendo che allora avrebbero messo in un cappello dei foglietti col nome di ministri di varie confessioni: uno di loro a turno sarebbe stato estratto e avrebbe recitato la preghiera. Poi aggiornò l’udienza al giorno successivo, quando avrebbe dato lettura della sua decisione sulla mozione di incostituzionalità.
Il mercoledì 15, Raulston lesse la sua decisione (una ventina di pagine a macchina).
Raulston legge la decisione sull’incostituzionalità. Pare godersi il suo momento di gloria.
Rigettava la mozione più o meno ripetendo quel che aveva detto Stewart per l’accusa. La causa poteva proseguire.
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