Un pezzo grosso si è fatto avanti per l’accusa. Ora tocca alla difesa.

Il più famoso avvocato penalista d’America, il chicaghese Clarence Darrow, dichiarò che avrebbe difeso gratis Scopes. Darrow veniva da uno dei processi più clamorosi del secolo (il caso Leopold-Loeb del 1924, quello a cui si ispirò Nodo alla gola di Hitchcock): era un personaggio molto controverso, sia ammirato sia detestato a seconda degli ambienti, e un notorio libero pensatore nonché paladino degli oppressi (dopo Scopes, il suo ultimo processo famoso, cioè il caso Sweet, lo avrebbe visto difendere vittoriosamente un imputato nero in una vicenda chiaramente viziata da pregiudizi razziali).
Clarence Darrow. Vi piacerebbe essere controinterrogati da uno così?

Ai primi di giugno, Scopes e Neal andarono a New York per incontrare l’ACLU e decidere la strategia processuale. Scopes divenne subito popolare a New York (incarnando il provinciale stupito dal modo di vivere della grande città, come nei film di Harold Lloyd) e diede molte interviste (in una di queste, fece quello che molti considerarono uno sbaglio: richiesto se si considerasse cristiano, rispose: “non ne sono sicuro”).

All’ACLU si pose la questione se accettare o meno l’aiuto di Darrow. Con la sua fama di agnostico e di “avvocato delle cause perse”, forse rischiava di caratterizzare un po’ troppo il processo in modo sensazionalistico. Inoltre, l’ACLU non era, contrariamente a Darrow, ostile alla religione; e secondo l’ACLU, accentuare il conflitto fra scienza e religione non era saggio: molti pastori protestanti avevano criticato il Butler Act, e in generale, per poter sostenere una politica più aperta, non fondamentalista, occorreva l’appoggio dei credenti. Ad avviso dell’ACLU, insomma, conveniva tenere un profilo più basso: di argomenti per invalidare il Butler Act non ne mancavano mica, che bisogno c’era di indisporre i credenti? Ma era anche vero, d’altra parte, che l’arrivo di Bryan nel collegio dell’accusa aveva cambiato le carte in tavola cosicché la tattica “legalistica” dell’ACLU diventava anch’essa rischiosa. Il Chicago Tribune scrisse che “l’importanza del processo del Tennessee è data dalla presenza del sig. Bryan. Quel che lui vuole è che le sue idee, interpretazioni e  credenze siano rese obbligatorie. Quando il sig. Darrow parla di bigottismo parla di ciò. Il bigottismo cerca di rendere obbligatorie opinioni e credenze”. E un altro degli avvocati della difesa, Malone (ne parleremo fra poco) disse già prima del processo: “La questione non è tra la scienza e la religione, come qualcuno vuole farci credere. La vera questione è tra la scienza e il bryanismo”. Scopes comunque dichiarò che lui voleva Darrow (che anche dopo il processo continuò a considerare “un modello”). Più tardi Scopes spiegò:

“Non ero convinto che questi distinti avvocati fossero quel che ci serviva… Sarebbe stata una lotta nel fango e sentii che la situazione esigeva un guerriero indiano anziché qualcuno diplomato nella giusta accademia militare”.

L’ACLU dovette ovviamente abbozzare: la decisione spettava all’imputato; ma Darrow, oltre a essere un personaggio molto discusso, era soprattutto indipendente e incontrollabile; e infatti, nel prosieguo, l’influenza dell’ACLU sul processo si sarebbe sostanzialmente azzerata.

A questo punto, per quanto riguarda le due “squadre” processuali i giochi erano più o meno fatti:

per l’accusa, oltre a Bryan, ci sarebbero stati Thomas Stewart, cioè il procuratore generale (Attorney General) del Tennessee Orientale; il figlio di Bryan; Wallace Haggard, Sue e Herbert Hicks (tutti di Dayton) e Ben McKenzie, un ex procuratore generale del Tennessee. Bryan aveva suggerito di aggiungere  al collegio dell’accusa due illustri avvocati, uno cattolico e uno ebreo, ma i suoi colleghi di Dayton lo esclusero (sarebbe stato “rischioso” con una giuria del Tennessee);

per la difesa, oltre a Darrow e Neal, ci sarebbero stati Dudley Field Malone (un famoso avvocato, che però si occupava soprattutto di divorzi e lavorava prevalentemente all’estero, oltre a esser lui stesso divorziato, irlandese e cattolico per soprammercato), Arthur Garfield Hays (il legale dell’ACLU, ebreo), Frank McElwee (di Dayton) e il socio di Darrow, William Thomas.

Dudley Malone. Sembra un po’ Topesio, ma era un avvocato molto, molto in gamba.

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