A Dayton Scopes si offre di farsi incriminare per iniziare un test case contro il Butler Act, con il sostegno dell’ACLU.
Inizialmente l’ACLU e tutti quanti avevano preso la mossa di Dayton come l’avvio di un caso autentico, che sarebbe stato peraltro discusso seriamente, come accadeva quasi sempre, soltanto in appello. Ma i Daytoniani non la pensavano così.Tutti si accorsero ben presto che si trattava di una mossa biecamente pubblicitaria (come disse il deputato di Chattanooga Foster V. Brown, “it is not a fight for evolution or against evolution, it is a fight against obscurity”). Venne formato persino un comitato chiamato Scopes Trial Entertainment Committee per organizzare sistemazioni e servizi per gli ospiti, e Dayton rispose alle proposte di Chattanooga di tenere il processo lì con la minaccia di boicottare la fiera e i mercanti di Chattanooga. Insomma, la faccenda rischiava di trasformarsi rapidamente in una buffonata.
Ma le parti avevano tutt’altra intenzione; e, per far sì che la cosa non si riducesse a una farsa, decisero di garantirsi avvocati di grido. Non ce n’era bisogno, peraltro: gli avvocati di grido facevano già a gara per offrirsi.
Per primo si fece avanti, dalla parte di Scopes, John Randolph Neal, un ex professore di diritto dell’Università del Tennessee e aspirante politico senza troppo successo; venne accettato e divenne così il chief counsel della difesa.
Neal, il primo difensore. Ha un po’ l’aria da secchione, ammettetelo.
Ma intorno a metà maggio, mentre la difesa rifletteva, e si fissava un incontro a New York tra Scopes, Neal e l’ACLU per decidere la squadra e le strategie, arrivarono due notizie bomba.
La prima era che William Jennings Bryan si era offerto di aiutare gratis la pubblica accusa. Bryan non faceva più l’avvocato da trent’anni, ma come oratore non era certo rimasto inoperoso. Abbiamo già visto il suo ruolo di primo piano nella campagna antievoluzionista, e così si offrì alla principale associazione fondamentalista americana, la WCFA (cioè World’s Christian Fundamentals Association) per rappresentarla in ausilio all’accusa. Che prontamente accettò: “Considereremo un grande onore averla con noi nell’accusa”.
William Jennings Bryan, the Great Commoner: un tipo per niente comune.
La difesa aveva invitato un celebre scrittore inglese, Herbert G. Wells, a comparire in giudizio per difendere la teoria dell’evoluzione, ma Wells (che pure trattò lungamente del processo in articoli e scritti) rifiutò cortesemente, non essendo un avvocato. In compenso, qualche giorno dopo Bryan, un altro pezzo grosso si fece avanti, stavolta per la difesa.
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