Non si erano ancora quietati gli effetti sull’opinione pubblica del duello fra Bryan e Darrow, quando l’udienza del 21 luglio si aprì (dopo la solita preghiera) e Raulston fece una dichiarazione. Disse di aver riflettuto su quello che era accaduto il giorno prima e aveva deciso che l’interrogatorio di Bryan fosse escluso dai verbali. La testimonianza di Bryan non era di alcuna utilità né in questo giudizio, né in quello di appello, per decidere se Scopes aveva o meno violato la legge. La questione era solo questa: se l’imputato ha insegnato o no che l’uomo discende da un ordine inferiore di animali.
Su domanda di Darrow, il giudice riconobbe che, se richiesto dalla corte d’appello, la testimonianza di Bryan sarebbe stata regolarmente certificata e trasmessa al giudice superiore.
A questo punto, la difesa dichiarò che non aveva senso proseguire: non c’erano né testimoni né prove da offrire per contestare che Scopes avesse insegnato l’evoluzione; a questo punto tanto valeva risparmiare tempo a tutti, far rientrare la giuria e istruirla di giudicare Scopes colpevole. L’accusa, che ancora si stava leccando le ferite dopo l’interrogatorio di Bryan, fu lestissima ad accettare l’offerta della difesa.
Però Bryan, che aveva accettato di deporre in cambio della promessa di poter a sua volta interrogare Darrow, Malone e Hays, si trovò spiazzato: non solo non poteva ripagare Darrow della stessa moneta, ma visto l’accordo fra difesa e accusa non avrebbe nemmeno potuto pronunciare l’arringa finale che aveva lungamente limato (l’avrebbe pubblicata poco dopo) e in cui contava di spiegare diffusamente la sua posizione. Perciò Bryan disse che non restava che fidarsi della correttezza della stampa, non solo per riportare esattamente quel che era stato detto ieri, ma anche per riportare al pubblico le domande che lui, Bryan, avrebbe posto agli avvocati della difesa se avesse potuto a sua volta interrogarli. Darrow obiettò che questo, più che una cosa da dire al giudice, andava detto fuori, alla stampa, e che in quella sede (cioè, fuori dal tribunale) avrebbe potuto fare alla difesa tutte le domande che voleva, e avere anche le risposte. Malone intervenne e confermò che la difesa non aveva proprio alcun problema a rispondere a ogni domanda di Bryan, dovunque Bryan volesse farle.
Venne quindi richiamata la giuria. Darrow spiegò che la decisione della difesa di chiedere al giudice di istruire i giurati a giudicare colpevole l’imputato non equivaleva a una dichiarazione di colpevolezza: al contrario, la difesa sosteneva tuttora che l’imputato non era colpevole, ma siccome il giudice aveva escluso dal processo ogni altra questione che non fosse “ha o no l’imputato insegnato l’evoluzione?” e questa questione specifica era fuori discussione, non aveva logicamente senso continuare: bisognava quindi che la giuria condannasse l’imputato, dopodiché la difesa sarebbe ricorsa in appello. Gli avvocati discussero alcune questioni tecniche col giudice (riguardo i tempi necessari per proporre appello e avere i documenti pronti) quindi Raulston istruì la giuria: si trattava solo e soltanto di decidere se Scopes aveva o no insegnato l’evoluzione, e se l’aveva fatto di irrogare la sanzione. Se la giuria avesse deciso di non irrogare all’imputato una sanzione superiore al minimo, poteva non dir nulla sulla multa, e a determinare l’importo della sanzione ci avrebbe pensato il giudice. Darrow parlò di nuovo ai giurati, ripetendo che, in ultima analisi, non poteva nemmeno insistere che, in base alle istruzioni date dal giudice alla giuria, essi lo giudicassero non colpevole (“Non vediamo proprio come potreste, e non lo chiediamo”): bisognava condannarlo e poi andare in appello a vedere se la legge era incostituzionale o no.
La giuria quindi esce e rientra dopo soli nove minuti. Il verdetto è: Colpevole. Non viene determinata la pena; il giudice quindi la fissa al minimo, 100 dollari, e la cauzione a 500 dollari. Il Baltimore Evening Sun (il giornale di Mencken) si offrì subito di pagare la cauzione, e la difesa accettò.
Scopes fa la sua dichiarazione finale
A questo punto Scopes volle dire qualcosa. Sentiva di essere stato condannato ingiustamente, perchè era ingiusto il Butler Act, quindi in coscienza, e nel rispetto dell’ideale della libertà accademica, avrebbe continuato, se necessario, a violarlo.
Era venuto il momento dei ringraziamenti. Malone ringraziò la gente del Tennessee per l’ospitalità e la cortesia. Un rappresentante della stampa ringraziò il giudice e i funzionari del tribunale. McKenzie (che inizialmente non aveva lesinato punzecchiature ai “forestieri”) ringraziò i colleghi della difesa che avevano portato in Tennessee una visione diversa: nonostante quel che si era detto sulla stampa, la gente del Tennessee voleva essere di mente più aperta possibile, ed era stata “grandemente elevata, edificata e educata dalla vostra presenza”; disse infine che, se un giorno fossero ritornati a Dayton, “speriamo che vi fermerete qui e resterete un po’ con noi qui per chiacchierare dei giorni del passato, in cui il processo Scopes fu discusso a Dayton”. Un avvocato nel pubblico disse che tutti erano stati colpiti da quanto era stato detto da colleghi così famosi a proposito di “un problema fondamentale che riguarda il nostro governo e il governo di tutti gli stati”. Bryan quindi si alzò e fece notare come il processo Scopes era stato commentato all’estero più di qualunque altro evento mai capitato negli USA. Certo il motivo non era che un insegnante di liceo fosse sanzionato per 100 o 500 dollari, ma si trattava evidentemente di una questione più grande: questa questione prima o poi, disse Bryan, sarà risolta, in un senso o magari nell’altro, ma sarà risolta nel modo giusto; e per poterla risolvere è necessario che ci sia una discussione. Il processo di Dayton è servito proprio a questo, a attirare l’attenzione sulla questione e garantire così l’inizio di una discussione. Nessuno nell’accusa, nessuno nella difesa, e nemmeno la corte ha il potere di definire quella questione. Solo il popolo ce l’ha. Così la discussione nella nazione porterà alla luce i fatti rilevanti e sulla base dei fatti verrà presa una decisione. E auguriamoci che sia una decisione giusta, in qualunque senso sia. (Del resto la stessa cosa Bryan l’aveva detta anche prima del processo: “Non è la decisione ma la discussione che considero importante. Porterà la questione all’attenzione del mondo”).
Darrow infine ringraziò a sua volta il Tennessee per la cortesia, e la corte per la sua gentilezza (quella corte che “avrebbe potuto mandarmi in galera ma non lo ha fatto”, disse, tra le risate del pubblico). Ovviamente, disse Darrow, molte delle cose appena dette da Bryan erano giuste: gli eventi capitano quando capitano. Credo, disse, “che questo caso sarà ricordato perché è il primo del genere, da quando abbiamo smesso in America di processare la gente per stregoneria, perché qui abbiamo fatto del nostro meglio per rovesciare la marea che ha cercato di affermarsi su questo – su questo mondo moderno, di valutare ogni fatto nella scienza in base a un dettame religioso. Questo è tutto quel che volevo dire”.
Infine Raulston fece il suo discorsetto di addio: ribadì di aver fatto il suo meglio per giudicare obiettivamente e spassionatamente, ma che, se per caso avesse sbagliato, una corte superiore avrebbe posto rimedio al suo errore. Elogiò l’America, il suo popolo, il sud, e gli avvocati. Dopodiché, nell’ilarità generale, Hays offrì a Raulston una copia dell’Origine delle specie di Darwin e il giudice accettò.
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