Quale linea difensiva sceglie dunque l'avvocato di Flaubert? Come vedremo, ne sceglie una abbastanza sorprendente.
Vediamo come Senard decide di difendere Madame Bovary.
Senard comincia proprio dichiarando che Flaubert, imputato di aver pubblicato un libro immorale, “afferma invece di aver fatto un libro onesto, afferma che il pensiero del suo libro, dalla prima riga all’ultima, è un pensiero morale, religioso, e che se esso non fosse stato snaturato (abbiamo visto pochi momenti fa quel che può fare un grande talento per snaturare un pensiero) esso sarebbe (e tornerà subito a esserlo) per voi ciò che è già stato per i lettori del libro, un pensiero eminentemente morale e religioso che si può tradurre in queste parole: l’invito alla virtù attraverso l’orrore per il vizio”. Subito Senard si mette a lodare l’imputato e la sua famiglia, ricordando l’amicizia che lui stesso aveva intrecciato con il padre dell’imputato (primario dell’Ospedale di Rouen) e della onestà e eccellente reputazione dei Flaubert: “suo figlio, che è qui sul banco degli imputati per oltraggio alla morale e alla religione, suo figlio è l’amico dei miei figli, come io lo ero di suo padre. Conosco il suo pensiero, conosco le sue intenzioni, e l’avvocato ha il diritto di porsi come la cauzione del suo cliente”.  I figli di Flaubert senior, dice l’avvocato, non sono da meno del padre. Forniti, alla morte di questi, di una fortuna cospicua (i soldi di famiglia, nel Secondo Impero, erano sempre un buon indizio di moralità), hanno deciso di rendersi utili alla società. La strada scelta dal minore dei fratelli, l’imputato Gustave, è stata quella di dedicarsi allo studio e alle lettere  in particolare. Gustave è “un uomo portato per natura alle cose gravi, alle cose tristi”: insomma non è un viveur tutto dedito al gioco, al vino e alle donne allegre. È una persona seria, in breve. E il romanzo è come lui, al contrario di come ha voluto dipingerlo Pinard, prendendo una frase qua e una là. Ricostruendo invece correttamente il contesto, la cosa apparirà evidente. Ed è proprio quel che si propone di fare Senard: ricostruire l’insieme, per mostrare il vero scopo del libro. Libro che è il frutto dei lunghi studi e dei viaggi dell’autore, quindi di molti anni di lavoro. 
L’imputato: Gustave Flaubert
Flaubert, ci tiene a dire il suo difensore, non appartiene a nessuna scuola. È “realista” nel senso che si attiene alla realtà delle cose; ma potrebbe far parte anche della scuola psicologica (perché non è la realtà materiale che gli interessa, ma quella del “sentimento umano”). In questa realtà delle cose, Flaubert ha voluto cercare un “risultato utile”. Ecco perché il sottotitolo proposto da Pinard (“Storia degli adulteri d’una donna di provincia”) è errato: quello corretto, dice il difensore, sarebbe semmai “Storia dell’educazione troppo spesso impartita in provincia; storia dei pericoli a cui può condurre, storia della degradazione, dei crimini, del suicidio considerati come conseguenza di una prima colpa, e d’una colpa prodotta essa stessa dai primi torti a cui spesso una giovane donna è condotta, storia dell’educazione, storia d’una vita deplorevole di cui troppo spesso l’educazione è la premessa”. La domanda a cui Senard vuole rispondere (se il libro venisse posto nelle mani d’una giovane donna, che effetto produrrebbe? La indurrebbe al peccato e ai vizi oppure a rifuggirne?) è insomma la stessa dell’accusatore, ma la risposta sarà molto diversa. Emma Bovary è “la donna che, invece di arrangiarsi nella condizione che le è data, con la sua situazione, con la sua nascita, invece di cercare di fare la vita che le spetta, resta preoccupata da mille aspirazioni estranee introdotte da una educazione troppo elevata per lei; che, invece di accomodarsi nei doveri della sua posizione, di essere la moglie tranquilla del medico di campagna con cui passa i suoi giorni, invece di cercare la felicità nella sua casa, nella sua unione, la cerca in interminabili sogni a occhi aperti.” 
[Vedete qui che bel bestione è Senard: la colpa di Emma sarebbe quella di aver voluto uscire dai limiti della classe a cui apparteneva per nascita, e il romanzo di Flaubert diventa, nelle sue parole, una esaltazione del conformismo, della rassegnazione e dell’accettazione della società così com’è.]
Il difensore ricorda al PM che, dopo l’adulterio, e dopo il primo moto quasi di orgoglio di Emma (“Ho un amante!”), subito arriva il rimorso. Flaubert vuole mostrare proprio questo ai suoi lettori: che accontentarsi è una virtù, che un marito banale e prosaico è meglio di un amante che ti adora e è pieno di premure, ma che ti mollerà dopo pochi istanti di piacere. Né Flaubert fa intervenire un deus ex machina per salvare l’adultera: no, per lui l’adulterio è una lunga sequela di mali, fino a “una espiazione finale spaventosa”, addirittura “eccessiva”.
Aggiunge Senard che, a differenza degli autori classici che Pinard ben conosce, Flaubert non descrive gli amplessi, ma “si accontenta di una parola”.
Il libro non è stato per Flaubert uno svago di qualche ora, ma un lungo e duro lavoro di anni. Ed è stato il frutto della lettura non di autori lascivi, ma di Bossuet e Massillon, cioè dei maggiori oratori sacri della letteratura francese. Senard dichiara che, alla notizia dell’accusa, il primo a sorprendersi e addolorarsi era stato lui stesso, Senard; poi i suoi amici; poi delle signore specchiatissime, di cui non vuole fare il nome (ma si tratta verosimilmente di una allusione a influenti nobildonne della cerchia dell’Imperatrice); e infine, Senard cita solo un nome, quello del grande Lamartine, uno dei primi e più importanti lettori del romanzo flaubertiano. 
Alphonse de Lamartine, quando era il più famoso poeta francese e non a caso aveva i capelli tutti a ricciolini
Il vecchio poeta, pur riempiendo Flaubert di complimenti sulla qualità del suo romanzo, gli rimproverò proprio la conclusione: va bene punire l’adultera, ma così si esagera. E quando poi seppe che il romanzo sarebbe stato processato, Lamartine scrisse a Flaubert: “non è possibile trovare in Francia un tribunale che vi condanni. È già deplorevole che qualcuno abbia così travisato il carattere della vostra opera e abbia ordinato di perseguirla, ma non è possibile, per l’onore del nostro paese e della nostra epoca, che si trovi un tribunale capace di condannarvi.”
Dopodiché Senard affronta la storia del passo cancellato dalla Revue de Paris, giustamente rilevando che proprio l’onestà di Flaubert (segnalare il taglio) ha insospettito la censura. Procede quindi a leggere il passo cancellato. Niente di scandaloso, obiettivamente; ma il taglio ha fatto sospettare che nell’originale ci fosse qualcosa di simile a un passo della Double méprise di Prosper Mérimée (non solo scrittore famoso – autore di racconti celebri come Carmen, Colomba e la Venere d’Ille -, accademico di Francia, senatore e ispettore del Ministero dei beni culturali, ma anche intimo della famiglia imperiale). Abilmente, Senard non legge il passo di Mérimée, si limita  a passare il racconto ai giudici e al pubblico ministero, dicendo: se un passo del genere si trovasse in Madame Bovary, avrei mutato la mia difesa, e invece di dire: Il mio cliente ha scritto un libro morale, avrei detto: La letteratura ha i suoi diritti, Mérimée ha scritto un libro notevole, e non bisogna mostrarsi tanto difficili sui dettagli quando nell’insieme il libro è irreprensibile. Solo che Flaubert non ha scritto niente del genere.

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