Il 12 settembre riprende la deposizione di Baruello. A un certo punto, però, gli inquirenti sono perplessi. Nel racconto di Baruello troppe cose non tornano. Perché Giovanni de Padilla avrebbe voluto ungere le forbici del Foresaro, in modo da uccidere tutte le donne che compravano le forbici da lui, e insomma mezza Milano, se invece lo scopo di Padilla, come aveva confessato prima Baruello, era vendicare don Gonzalo che era stato offeso in Porta Ticinese? Vedesse Baruello di dire cose un po’ più verosimili, altrimenti la sua immunità andrà a farsi benedire. A questo punto, comincia la grande scena di Baruello: uno dei vertici del teatro dell'arte di tutti i tempi.
Baruello: U u u se non lo posso dire (stendendo il collo, e tremando in tutto il corpo), vostra signoria mi aggiuti, vostra signoria mi aggiuti.
Gli chiedono ovviamente: come ti possiamo aiutare?
Baruello (contorcendosi, aprendo le labbra, stringendo i denti, stridendo): vostra signoria mi aggiuti, Signore ah Dio mio, ah Dio mio!
Gli chiedono: havete forse qualche patto col diavolo? Confessatelo e Dio vi aiuterà.
Baruello (inginocchiandosi): dite, come devo fare signore.
Gli dicono: deve dire che rinuncia ad ogni patto col diavolo, et consegno l’anima mia a Dio.
Baruello (dice tutto quanto, “devotamente et abbastanza sinceramente”, poi si alza, vuole parlare e emette di nuovo suoni indistinti, sporge il collo, digrigna i denti, e infine): quel prete francese! (Si getta a terra e cerca di nascondersi in un angolo, dicendo): ah, Dio mi, ah Dio mi aggiutatemi, non mi abbandonate.
Gli chiedono: ma di che hai paura?
Baruello: è là, è là quel prete francese con la spada in mano, che mi minaccia, vedetelo là, vedetelo là sopra quella finestra.
Gli inquirenti: Ma non c’è nessuno sulla finestra, si desse una calmata.
Baruello: ah Signore al viene, al viene con la spada in mano (comincia a perder schiuma e sangue dalla bocca, come gli ossessi, a tremare e gridare): non mi abbandonate aggiuto aggiuto non mi abbandonate.
Portano acqua benedetta e chiamano un prete, che asperge sia Baruello sia la stanza (e soprattutto la finestra) e fa vari esorcismi, in particolare dichiarando nulli ed inefficaci i patti fatti col demonio. Intanto Baruello sempre stridendo: Scongiurate quello Gola Gibla, sempre contorcendosi. Infine, finiti gli scongiuri, il prete se ne va.
Baruello: Signore quel prete era un francese, il quale mi prese per una mano, et levando una bacchettina nera longa circa un palmo, che teneva sotto la veste con essa fece un circolo, et poi mise mano ad un libro … grosso tre dita … et disse che dovevo dire, come dissi, queste parole: Gola Gibla, et poi disse altre parole hebraiche, aggiungendo, che non dovessi uscire fuori del cerchio, perché mi sarebbe succeduto male, et in quel punto comparve nell’istesso circolo un vestito da Pantalone, et all’hora detto prete… voltosi verso di me, disse riconoscete voi questo qua per vostro signore? Facendomi cenno, che dicessi di sì, et io all’hora risposi: signor sì, che lo riconosco per mio signore.
A quel punto Pantalone se ne era andato. Baruello spiega allora che la storia della vendetta di don Gonzalo era tutta una bugia, “ma il diavolo m’haveva sugerito così et se vostra signoria non mi havesse fatto renunciare alli patti fatti col diavolo, et rasegnare l’anima mia nelle mani d’Iddio, et se questo sacerdote non mi havesse benedetto, et revocato tutti li patti con l’autorità, che da Dio gli è stata concessa, non sarebbe mai stato possibile dir la verità”. Spiega che aveva sì cercato di dire la verità, ma non aveva potuto: “mi sentivo chiudere le parole nella gola, che non potevo proferirle in modo, che anche di presente mi brusa la gola, et l’ho anche tutta sgarbellata”.

Dopo questo show, la fiducia degli inquirenti in Baruello chiaramente è al culmine: lui ne approfitta per menzionare Mora (che tanto ormai…) e altri ancora. Aggiunge perfidamente che nella congiura è dentro anche don Francisco de Padilla, che, dice, è la vera fonte di tutti i denari che girano (evidente allusione al tesoro statale, conservato nel Castello, e dunque sotto la custodia di don Francisco). Il 13 settembre viene richiamato, e gli è anche dato un tratto di corda per purgar l’infamia, ma lui conferma tutto. Lo richiamano il 14, gli chiedono qualche chiarimento (in particolare sul perché don Giovanni volesse far passare le unzioni attraverso le forbici delle donne; risposta: era il mezzo più veloce per infettare tutta Milano), ma lo rimandano via quasi subito, perché è febbricitante (bruttissimo segno…) Il 14 idem: stavolta spiega che a lui i soldi non sono venuti dal Turcone, ma dal Bonetti e da don Giovanni. Lo stesso giorno gli viene presentato, mentre giace in camera ormai dichiaratamente malato di peste, Giambattista Cinquevie: lui lo riconosce come il Bonetti di cui aveva parlato (ma questo nega e viene rilasciato la sera dietro fideiussione di seimila zecchini, una somma ingente). Il 17 settembre viene sentito Carlo Vedano, detto il Tegnone: è lui il Carlo schermidore di cui aveva parlato Baruello. Conferma di conoscere Baruello, e di conoscere anche don Giovanni (andava, dice, a insegnare la scherma a don Carlo de Padilla, fratello minore di don Giovanni), ma nega tutto il resto. Nuovo confronto con Baruello, sempre nella sua camera malato: Baruello conferma, Vedano nega (“signor sì, che è vero!” “et io dico, che non è vero”; “dico, che è verissimo”; “non è vero”, e così via). Il 18 settembre, Baruello muore di peste: esce così di scena il personaggio di gran lunga più sulfureo di tutta la vicenda. Ovviamente, anche Baruello – ci dicono le Defensiones del Padilla – la notte prima di morire ritrattò:
“tutti quelli, che ho incolpato li ho incolpati al torto, et non è vero, ch’io abbia chiappato denari dal figliuolo del signor castellano, perché né anche ho mai praticato con lui, et sogiongendo disse io ho da morire di quest’infermità prego quelli, che io ho incolpato al torto mi perdonino”.
Se è vero (ma le difese di Padilla, come di ogni scritto d'avvocato, vanno prese con le pinze, se come in questo caso non ci sono altri riscontri), si tratta dell'ultimo scrupolo di un autentico artista della calunnia, che alla fine della fiera, peraltro, come vedremo, inguaierà ben poche persone.
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