Si è molto parlato ultimamente di una decisione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, anche nota come Autorità Antitrust (o semplicemente Antitrust), che ha condannato Amazon per abuso di posizione dominante, ai sensi dell’art. 102 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Si tratta della decisione A528 del 30.11.2021.
In sostanza, secondo l’Antitrust, Amazon avrebbe sfruttato la sua posizione dominante sul mercato delle piattaforme di vendita online (i c.d. marketplace, in cui Amazon detiene circa l’80% del mercato) per ricavare vantaggi anche sul mercato della logistica (dove invece Amazon non è dominante): Amazon, cioè, avrebbe attribuito dei vantaggi alle imprese che vendevano i loro prodotti sulla piattaforma Amazon, a condizione che utilizzassero i servizi di logistica della stessa Amazon, anziché quelli dei concorrenti.
Naturalmente, Amazon contesta la decisione ed è probabile che la impugnerà (le decisioni dell’Autorità possono essere appellate prima davanti al Tribunale Amministrativo Regionale – il famoso T.A.R. – del Lazio e successivamente davanti al Consiglio di Stato), ed è quindi possibile che, alla fine degli appelli, la condanna venga annullata, o molto ridotta.
Però, come spesso è capitato quando le autorità antitrust delle varie nazioni hanno colpito grandi imprese che vengono percepite come molto efficienti, qualcuno ha reagito mettendo in discussione, in sostanza, non la singola decisione (che potrebbe, ovviamente, essere sbagliata), bensì l’intero impianto delle leggi antitrust, o almeno l’approccio che l’Autorità italiana segue nell’applicare quelle leggi.
In tanti cioè hanno detto (ad esempio Giuliano Ferrara) che l’Autorità, lungi dal colpire gli abusi, in questo caso ha colpito un servizio molto efficiente; che l’Autorità (in realtà, la legge antitrust) non dovrebbe tutelare i concorrenti di Amazon, ma i consumatori; che a seguito della decisione i prezzi dei servizi non scenderanno, ma si alzeranno; che la decisione non colpisce un abuso, ma proprio ed esattamente la posizione dominante di Amazon, che però quella posizione dominante ha ottenuto non facendo imbrogli, ma perché è più efficiente dei concorrenti; e così via.
Queste critiche, però, non solo sono errate, ma rivelano una sorprendente incomprensione del sistema antitrust e, forse, anche una lettura frettolosa della decisione dell’Autorità.
Le leggi antitrust (almeno, quelle europee) non mirano a colpire la posizione dominante in sé e per sé, nella misura in cui l’impresa ha raggiunto quella posizione in modo lecito. Mirano invece a impedire che l’impresa in posizione dominante abusi del suo potere di mercato, a danno dei consumatori, dei concorrenti o di entrambi. Del resto, a volte è difficile distinguere fra comportamenti che danneggiano i concorrenti e comportamenti che danneggiano i consumatori. Il concetto stesso di antitrust, a ben vedere, si basa sull’idea che la concorrenza sia di per sé un bene per i consumatori (determinando una pressione sulle singole imprese che le porta a diventare più efficienti, quindi a produrre meglio, di più e a costi più bassi), e non può evidentemente esserci concorrenza se non ci sono concorrenti. Come già detto, è possibile che un’impresa arrivi a non avere concorrenti in modo lecito (e notate che anche questo, da un punto di vista della tutela della concorrenza, potrebbe essere problematico); ma se un’impresa dominante cerca di eliminare o danneggiare i concorrenti in modo illecito, cioè abusando della sua forza, allora l’Autorità Antitrust deve intervenire.
Negli USA, le autorità antitrust sono più volte arrivate fino al punto di spezzare in tanti tronconi diversi della imprese che avevano raggiunto il monopolio di certi mercati (è famoso il caso delle società telefoniche Bell, controllate da AT&T, che vennero divise in sette società indipendenti dall’oggi al domani). In Europa, però, le leggi antitrust non consentono misure così radicali. E nemmeno la decisione su Amazon arriva a tanto: Amazon continuerà a esistere e a operare, salvo che dovrà tenere comportamenti tali da non escludere o danneggiare più i concorrenti della logistica; e la stessa sanzione che le è stata irrogata, benché elevata (oltre un miliardo di Euro), non arriva a 1/30 del fatturato globale di Amazon nel 2020.
State tranquilli, insomma: Amazon non scomparirà, e o vincerà l’appello oppure si adeguerà alla decisione dell’Autorità. In entrambi i casi, invece di arrabbiarci, dovremmo essere sollevati per il fatto che c’è qualcuno che, bene o male, a ragione o a torto, e magari qualche volta sbagliando, vigila sul comportamento dei mercati e si preoccupa perché la concorrenza, che qualcuno elogia a parole ma dimentica nei fatti, venga tutelata.
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